Per parlare di stalking condominiale occorre prima di tutto soffermarsi sul reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p.
Tale norma punisce chi, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La giurisprudenza di legittimità ha esteso l’applicabilità della suddetta disposizione normativa anche al contesto condominiale.
Ebbene quando tali condotte vengono perpetrate nei confronti di un vicino di casa prendono appunto il nome di “stalking condominiale”.
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ToggleCos’è lo stalking “condominiale”?
Lo stalking condominiale sono quindi atti persecutori reiterati compiuti nei confronti di altri condomini.
Non è una novità che i rapporti di vicinato non siano sempre di facile gestione e che in particolari ipotesi possano addirittura sfociare in gravi condotte penalmente perseguibili.
Tra gli atti persecutori seriali che si presentano con maggiore frequenza in condominio si rinvengono:
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- L’utilizzo di televisioni o stereo a volume alto nella notte;
- La sporcizia sul pianerottolo;
- L’avvelenamento di animali domestici;
- L’uso di liquidi scivolosi sugli usci;
- Spiare il vicino dalla finestra;
- Origliare dietro alla porta;
- Bussare alle pareti.
Tale elenco, meramente esplicativo, raccoglie alcuni di quegli atti che, perpetrati reiteratamente, consentono di mettere a repentaglio l’incolumità o di intimidire i vicini o comunque di minare la convivenza civile.
Preme sottolineare che perché si configuri il reato di stalking condominiale le condotte devono essere commesse unilateralmente.
In altre parole non deve trattarsi di rognose liti condominiali, nelle quali ci si fa dispetti vicendevolmente, posto che in questo caso non si configurerà alcun reato e il conflitto potrà essere risolto per mezzo dell’amministratore che fungerà da “arbitro”.
Come difendersi?
Quando la mera maleducazione si evolve in ripetuti atti volti a turbare la tranquillità domestica del vicino di casa, quest’ultimo potrà innanzitutto invitare il condomino molestatore a porre fine alle sue condotte persecutorie.
Purtroppo il più delle volte tale soluzione non sortisce alcun effetto. In questi casi potrà rivelarsi utile coinvolgere l’amministratore di condominio richiedendo il suo intervento al fine di intimare lo “stalker” ad interrompere le sue azioni.
Se anche questo rimedio si rivelerà inidoneo ad appianare la situazione occorrerà rivolgersi alle autorità competenti.
Una prima strada percorribile è la richiesta di ammonimento presentata al Questore, per il tramite dell’autorità di pubblica sicurezza, ex art. 8 D.L. 11/2009, convertito in L. 38/2009, nei confronti dell’autore della condotta.
Il Questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti é stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale.
Diversamente si potrà denunciare il molestatore alle forze dell’ordine sporgendo formale querela, purché non siano trascorsi 6 mesi dai fatti incriminati.
La vittima di stalking condominiale dovrà essere in grado di corroborare quanto dichiara mediante materiale fotografico, filmati, registrazioni, testimonianze.
Non solo. Sarà necessario dimostrare non solo la condotta dello stalker ma anche che questa abbia cagionato nella vittima le conseguenze psicologiche richieste dalla norma incriminatrice degli atti persecutori.
Le prove dello stalking subito non devono essere consegnate alle Forze dell’Ordine o alla Procura della Repubblica all’atto della presentazione della querela. Vanno presentate in tribunale, al momento di un eventuale giudizio.
E’ fondamentale agire con intelligenza: prima di presentare querela, conviene raccogliere tutte le prove necessarie allo scopo di predisporre al meglio la difesa in sede di processo penale anche per l’eventuale richiesta di risarcimento del danno.
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