La separazione con addebito (in passato anche nota come “separazione con colpa”) si verifica quando, nel giudizio di separazione tra i coniugi, il giudice accerta che la fine del matrimonio sia attribuibile a uno dei due coniugi.
Con l’addebito viene quindi individuato il coniuge responsabile della separazione: colui che, violando i doveri coniugali, ha determinato l’irreversibile rottura della relazione.
Esaminiamo quindi tale istituto, comprendendo quali possano essere le conseguenze giuridiche dell’addebito nel giudizio di separazione.
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ToggleCos’è l’addebito?
Quando si verificano – anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi – fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole, i coniugi possono chiedere la separazione personale.
Il giudice, nel procedimento di separazione giudiziale, può dichiarare, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
L’addebito quindi altro non é che l’attribuzione della responsabilità della fine dell’unione coniugale al coniuge che l’abbia causata violando uno o più dei predetti doveri.
Quali sono i doveri coniugali e come si prova la loro violazione?
Con la celebrazione del matrimonio sorgono in capo ai coniugi precisi doveri coniugali.
Nello specifico, ai sensi dell’art. 143 c.c., la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia, la coabitazione.
L’unico soggetto legittimato a decidere in materia di violazione di tali doveri nonché di addebito è il Giudice della separazione, il quale, in ogni caso, non può disporre di sua iniziativa ma solo su impulso di una delle parti.
Da ciò ne discende che l’addebito non può essere oggetto di negoziazione tra i coniugi posto che i coniugi non possono in alcun modo sostituirsi al Giudice disponendo dell’addebito della separazione ad uno di loro, in un accordo di separazione consensuale.
Oltretutto, quanto alla richiesta di addebito, il richiedente sarà tenuto a corredarla di elementi probatori.
Pertanto, con l’ausilio del proprio difensore, dovrà raccoglierle in modo scrupoloso e produrle nel processo di separazione.
Vige, invero, il principio in forza del quale la violazione non deve esserci semplicemente verificata, ma deve aver causato la separazione.
In altri termini, per ottenere l’addebito occorre provare sia il comportamento negativo di violazione di un dovere coniugale sia l’efficacia causale di tale comportamento nel rendere irreversibile la crisi coniugale.
Si pensi alla violazione del dovere di fedeltà, il coniuge richiedente l’addebito non solo dovrà fornire la prova del tradimento dell’altro coniuge ma dovrà altresì dimostrare che sia stata proprio tale relazione adulterina a causare la rottura della relazione.
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Che funzione svolge l’addebito e quali effetti derivano dalla sua pronuncia?
L’addebito ha natura sanzionatoria e le conseguenze che determina, a carico di un coniuge e a sfavore dell’altro, sono sostanzialmente di natura economico-patrimoniale.
Comporta infatti la condanna alla spese legali del giudizio, la perdita del diritto all’assegno di mantenimento e la perdita dei diritti successori verso il coniuge al quale non sia addebitata la separazione.
Oltre agli effetti patrimoniali e successori, si registrano anche degli effetti “morali”.
Nella prassi il coniuge richiedente ottiene una sorta di soddisfazione personale (e sociale) nel vedere attribuita la giusta responsabilità della fine del matrimonio al soggetto che ne è effettivamente stato la causa.
Perdipiù, il coniuge a cui non è addebitata la separazione può persino chiedere il risarcimento dei danni subiti per la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio.
Occorre precisare, tuttavia, che alcuni diritti di natura patrimoniale sopravvivono alla pronuncia di addebito.
Il coniuge separato con addebito infatti conserva il diritto all’assegno alimentare qualora versi in stato di indigenza e conserva, altresì, il diritto ad un assegno vitalizio a carico del coniuge deceduto, se al momento della apertura della successione godeva degli alimenti.
Inoltre mantiene il diritto alla pensione di reversibilità a prescindere dal fatto che il coniuge superstite godesse (o meno) di un assegno alimentare a carico del coniuge deceduto.
Le criticità dell’addebito: vale la pena chiederlo?
Preme evidenziare che in concreto la natura punitiva della pronuncia di addebito sarà più o meno efficace a seconda delle condizioni economiche del coniuge destinatario di essa.
Da ciò si evince il carattere asimmetrico dell’addebito che produrrà effetti diversi e di diverso peso, a seconda dello stato in cui versa il coniuge responsabile della separazione.
Sulla perdita del diritto all’assegno di mantenimento.
La perdita del diritto al mantenimento si produrrà soltanto se il coniuge dichiarato responsabile sia in condizioni economiche tali da giustificare la domanda di un assegno di mantenimento.
In buona sostanza dipende da chi richiede la separazione con addebito.
Se il richiedente è il coniuge più abbiente che non avrà, in ogni caso, il diritto di ricevere un assegno di mantenimento dall’altro, per questi subire l’addebito non sortirebbe alcun effetto.
Il coniuge economicamente più forte infatti non avrebbe comunque il diritto al mantenimento e quindi, anche se venisse pronunciato l’addebito a suo carico, di fatto non perderebbe nulla rispetto a quello che avrebbe ugualmente ottenuto nel corso della separazione.
Altro discorso è se il soggetto colpito da addebito non ha sufficienti risorse per mantenersi in autonomia rispetto a quelle dell’altro coniuge e dunque avesse, in astratto, diritto di ricevere un assegno di mantenimento.
In quest’ultima ipotesi subire l’addebito della separazione rappresenterebbe una vera e propria punizione, che si realizzerebbe con la privazione di tale risorsa.
Sui diritti successori
Occorre partire dall’assunto che i diritti successori si perdono comunque con il divorzio, indipendentemente dal fatto che la separazione sia stata addebitata o meno ad uno dei coniugi nella separazione.
Se si intende divorziare pertanto, la perdita dei diritti successori come conseguenza dell’addebito nella separazione non é importante sul piano degli effetti tecnici.
Oltretutto, negli ultimi anni con l’introduzione del divorzio breve si sono ridotte le tempistiche – da 3 anni a 6/12 mesi – per poter richiedere il divorzio dopo la separazione.
Pertanto la perdita dei diritti successori che consegue a tale scelta avverrebbe anche in tempi molto brevi.
Una questione delicata si pone laddove l’altro coniuge – a cui non sia addebitale la separazione – sia ricco ed in punto di morte (si pensi al caso di un coniuge anziano miliardario e in fin di vita).
In questo caso la richiesta di addebito parrebbe giustificata, atteso che il coniuge “colpevole” separato con addebito non erediterebbe alcunché.
Si aggiunga infine che la legge sul divorzio non contempla l’addebito.
Ciò vale a dire che l’addebito perderebbe ancora di più di valore, atteso che la sua pronuncia attiene unicamente al procedimento di separazione potendo quindi il coniuge colpito dall’addebito chiedere l’assegno divorzile.
E’ possibile addebitare la separazione ad entrambi i coniugi?
E’ possibile che entrambi i coniugi abbiano contribuito a porre fine all’unione coniugale.
Per tale ragione, il giudice può emettere una pronuncia di “doppio addebito” purché ambedue i coniugi domandino reciprocamente l’addebitabilità della separazione l’uno all’altro.
A titolo esemplificativo: marito e moglie si accusano l’un l’altro di tradimento; la moglie chiede l’addebito al marito per la sua condotta violenta e lui lo chiede a carico della moglie per la relazione extraconiugale.
Il giudice quindi potrà addebitare la separazione ad entrambe le parti se ritiene che tutti e due i coniugi abbiano contribuito a rendere intollerabile la separazione.
Non è ammessa una graduazione tra la gravità delle due condotte.
Profilo dell’autore

Avv. Valentina PERNEY
Iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano. L’Avvocato Perney si occupa principalmente di diritto civile, in particolare di contrattualistica e di diritto immobiliare. Nel 2017 si è avvicinata al diritto delle nuove tecnologie e alla tutela dei dati personali, perfezionando la propria formazione con la partecipazione a diversi corsi su tali materie.