Ogni individuo ha il diritto di veder riconosciuta la propria identità di genere, sia sotto il profilo formale che giuridico, lontano da discriminazioni che, purtroppo, ancora oggi pervadono la nostra società “moderna”.
Per replicare a questo delicato quesito, la cui risposta è sicuramente affermativa, occorre preliminarmente comprendere cosa si intenda con l’espressione “cambio sesso”.
Nella comune esperienza si potrebbe essere portati a pensare che il “cambio di sesso” richieda obbligatoriamente un mutamento, inteso quale trasformazione fisica, del proprio corpo attraverso un delicato e doloroso intervento chirurgico.
Oggi, a seguito di un importante decisione della Corte costituzionale, il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali non è più necessario al fine di vedere dichiarata all’anagrafe – e verso il resto del mondo – la propria e reale identità sessuale ed appartenenza di genere.
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ToggleCambiare sesso è un diritto?
L’identità sessuale è uno tra i tratti distintivi dell’essere umano.
L’appartenenza ad un genere sessuale viene individuata sulla base del corredo genetico e quindi dall’insieme dei caratteri sessuali primari e secondari con i quali un individuo nasce.
Può accadere, però, tra le varie vicende umane, che una persona non senta che la propria sessualità coincida con il proprio corredo genetico e quindi con il proprio modo di essere.
Da tempo la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto nel novero dei diritti inviolabili, il diritto di realizzare, nella vita di relazione, la propria identità sessuale, come un aspetto dello svolgimento della personalità, e il diritto alla libertà sessuale.
L’esigenza di proteggere il benessere psico-fisico della persona transgender, come preciso impegno costituzionale, impone di agevolare l’accesso alla rettificazione dell’attribuzione di sesso, senza subordinarlo ad attività sanitarie indesiderate.
Un individuo ha quindi il bisogno, nonché il diritto, di autodeterminarsi nella definizione di sé stesso, compresa la propria identità sessuale, condizione questa che gli consenta di porsi ed essere riconosciuto verso l’esterno secondo il proprio modo di sentirsi.
Cosa prevede la legge?
In Italia la possibilità di cambiare sesso, con una conseguente riattribuzione chirurgica e anagrafica, è regolata dalla legge n. 164 del 1982 nonché dal decreto legislativo n. 150 del 2011.
La rettificazione avviene con sentenza del Tribunale che attribuisce ad una persona un sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita.
Il procedimento stabilito in origine dalla legge del 1982 prevedeva che la domanda volta all’ottenimento della rettificazione del sesso fosse introdotta nella forma del ricorso al Tribunale del luogo di residenza prevedendo l’obbligatorietà dell’operazione chirurgica.
Infatti, bisognava rivolgersi al Tribunale con il susseguirsi di due distinti fasi.
La prima, mirava ad ottenere l’autorizzazione all’intervento chirurgico di riassegnazione di genere. Nella seconda, successiva all’operazione, si chiedeva l’autorizzazione a cambiare sesso e nome sui documenti.
Il decreto legislativo n. 150 del 2011, modificativo della legge del 1982, rende, oggi, cumulabili le domande di autorizzazione al trattamento clinico demolitivo e di rettificazione degli atti di stato civile in cui recepire l’intervenuta riassegnazione del genere.
A differenza del passato, ove l’attenzione del legislatore e dei giudici era concentrata più sull’aspetto fisico del soggetto richiedente, che sulla condizione psicologica ed interiore, in epoca più recente, anche grazie all’intervento della Corte costituzionale (sent. 221/2015), si è realizzato un cambio di paradigma, che mette al centro l’interesse primario dell’identità sessuale prescindendo dall’aspetto esteriore che ciascun individuo decide di mostrare.
La riforma del 2011 prima, e l’intervento del Giudice costituzionale poi, hanno previsto che il Tribunale autorizzi l’intervento chirurgico di mutamento di sesso solo ove necessario, ammettendo quindi che l’accoglimento della domanda di rettificazione del genere prescinda dalla trasformazione fisica dell’individuo, fondandosi piuttosto sull’accertamento della condizione personale del richiedente, sulla serietà ed univocità del percorso di transizione e sulla compiutezza dell’esito.
Ne discende che ove il soggetto, abbia raggiunto una condizione di benessere psico-fisico ed in sede di colloquio con il Giudice dimostri la propria immedesimazione nel genere percepito e vissuto come irreversibile, non è obbligatorio che effettui l’intervento chirurgico e può ottenere il cambio del nome e del sesso anagrafico anche se decide di non operarsi.
La procedura innanzi al Giudice
L’art. 31 del d.lgs. 150/11 disciplina le controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, prevedendo che queste sono regolate dal rito ordinario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
Il Giudice competente il è tribunale, in composizione collegiale, del luogo ove ha residenza l’attore.
La procedura s’introduce con ricorso che dev’essere notificato al coniuge e ai figli dell’attore, ove presenti, con la partecipazione al giudizio del pubblico ministero.
Fino alla precisazione delle conclusioni il richiedente la rettificazione di attribuzione di sesso ed il coniuge possono, tramite una dichiarazione congiunta, resa personalmente in udienza, esprimere la volontà, in caso di accoglimento della domanda, di costituire l’unione civile, effettuando le eventuali dichiarazioni riguardanti la scelta del cognome ed il regime patrimoniale.
Con la sentenza che accoglie la domanda, il Tribunale ordina all’ufficiale dello stato civile del comune di celebrazione del matrimonio o di trascrizione se avvenuto all’estero, di iscrivere l’unione civile nel registro delle unioni civili e di annotare le eventuali dichiarazioni rese dalle parti relative alla scelta del cognome ed al regime patrimoniale.
Inoltre, a seguito dell’accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso il Giudice ordina all’ufficiale di stato civile del comune dove è stato compilato l’atto di nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro.
Una volta pronunciata la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso questa non avrà effetto retroattivo e comporterà lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso.
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